Lavoro e Previdenza

La badante convivente chiamata a prestazioni notturne.
Il caso che vado ad esporre ha ad oggetto la domanda di differenze retributive rivolta al Tribunale di Roma da una badante convivente, vertenza apparentemente semplice, ma con un risvolto non troppo noto e  piuttosto sorprendente.
Oltre alle differenze economiche per ferie non godute e giorni festivi lavorati, la lavoratrice ha chiesto al Giudice il riconoscimento di un'indennità di presenza notturna.
La cosa potrebbe lasciare perplessi, perché, se una persona con mansioni di badante è anche convivente, è normale che trascorra la notte in casa dell'assistito e che non debba essere retribuita per farlo.
E se di notte, occasionalmente, il soggetto assistito avesse bisogno di aiuto, si potrebbe essere facilmente indotti a pensare che la prestazione resa sarà retribuita come straordinario notturno, commisurato alla durata.
Invece, il CCNL di settore prevede il pagamento di un'indennità di presenza notturna, pari ad € 645,61 mensili, quasi un'altra mensilità di retribuzione.
Affinché maturi il diritto a percepire tale indennità, tuttavia, è assolutamente necessario che la necessità di prestazioni notturne sia concreta, che  si sia cioè verificata nella realtà, e non sia perciò soltanto teorica.
Afferma la Cassazione nella sentenza n. 21792/2021 che “nel contratto della badante convivente vi può rientrare solo l’intervento inatteso, insolito, inconsueto una tantum determinato da un’occasione improbabile e remota. Laddove invece si tratti di evenienza ripetuta tale da divenire evento probabile, ... , allora l’impegno assunto deve essere retribuito”.
Perciò, quando si prende la decisione, comune a tante famiglie, di avvalersi di un aiuto esterno h24 per assistere un anziano, è bene fare molta attenzione a regolare la forma contrattuale prescelta e la conseguente retribuzione, al fine di evitare successive - brutte - sorprese.
 

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